21/12/09

Cupiello e gli altri. Per un Natale di antieroi bambini


Che festa imbarazzante è diventato il Natale! Con le residue scorte di ipocrisia si cerca di fronteggiare l’evento (perduta ormai la sua autentica ragion d’essere) utilizzando scene, costumi, trucco e parrucco delle passate edizioni, ma la commedia regge sempre meno. E se commedia ogni anno abbia da rappresentarsi meriterebbe optare davvero per un capolavoro del teatro e per la splendida metafora che vi è compresa: stiamo parlando di Natale in casa Cupiello.
Ebbene sì. Se il mondo con le sue tresche, egoismi e conflitti è una sorta di disastrata famiglia Cupiello in cui ciascuno replica le proprie ossessioni, converrebbe indossare le vesti del disadattato Luca per non vedere quel che succede d’attorno e dedicarsi al maniacale allestimento di o’ Presebbio. Al degrado della realtà opporre così il sogno: difenderlo, accudirlo, rimirarlo. Perché non c’è più nulla da dire, da fare, da sapere su quanto della vita fa problema; e ben venga qualcuno a dirci: “Ma che devi sapere! Che vuò sapé... Fa ‘o presebbio, tu”.
Scappare dunque dall’esistenza, dai discorsi in cui “si sono imbrogliate le lingue”. Fuggire da una realtà troppo frammentata per essere compresa, interpretata, ricondotta a una dimensione razionale. Forse ci vorrebbe davvero una Concetta (la moglie di Luca) capace di quella dolente pazienza e compassione che può ricongiungere le cose della vita al delirio. Però anch’essa è giunta all’esasperazione.
Si facciano dunque avanti tutti gli antieroi-bambini, quelli delle parole strampalate, del “parlare speciale”, e che degli adulti nemmeno capiscono la lingua. Solo il loro candore può pretendere lo spazio fisico e psicologico per allestire un presepe (una pacificata scena) in cui rifugiare i sogni e la speranza. Il loro non-sapere è la vendetta nei confronti di chi sa (o crede di sapere) già tutto. E’ il necessario paradosso per traghettare la disillusione al possibile, l’inadeguatezza della realtà al giusto della vita.
Quando all’ennesimo ed estremo tentativo di ottenere una risposta dal figlio (“te piace ‘o Presebbio?”), Luca ottiene il sospirato “sì”, il suo sguardo ingenuo si disperde (come annota Eduardo De Filippo) ”per inseguire una visione incantevole: un Presepe grande come il mondo”. Allora resta finalmente inservibile quella specie di diabolico ingranaggio morale giocato su un’idea che l’uno esprime e l’altro reprime. Luca muore: piuttosto giovane per essere un adulto, troppo vecchio per essere un bambino. Ma il suo presepe è stupendo, e belle tutte le cose che in quel sogno stanno ostinatamente racchiuse.

14/12/09

Religione e dintorni. Libri scritti con tutta l’anima


Strani tempi corrono. Populisti e xenofobi difendono il cristianesimo brandendo (per ora solo a parole) crocifissi e reclamando vescovi nostrali come “la polenta della domenica”. Ladri e frequentatori di progrediti lupanari ribadiscono (solo per un modesto tornaconto politico) gli irrinunciabili (sic!) principi della morale cattolica. La Chiesa – sempre più in affanno rispetto a un mondo che prescinde dalle fedi o che le assume in allucinanti integralismi – si barcamena fra pronunciamenti alti (come è giusto che sia) e i soliti compromessi di basso commercio. I cattolici praticanti vivono ormai in silenzio il loro credo, spesso a prezzo di molta sofferenza, procuratali, per paradosso, dalla stessa istituzione ecclesiale ogni qual volta essa si irrigidisca su questioni etiche e dottrinali, smentendo quell’Amore che è poi l’essenza dell’annuncio evangelico (terribile, in tal senso, fu l’epilogo del caso Welby).
Ma dentro quella sorta di smog dell’anima che la società post-moderna produce polverizzando se stessa in corporativismi, gelosi interessi, egoismi e chiusure, si respira inaspettatamente (?) un desiderio di spiritualità. Tant’è che persino le librerie impilano molteplici titoli su argomenti religiosi, teologici, ecclesiali.
Proprio sulle questioni che prima accennavamo (quelle etiche) si diffonde il volume di Marco Politi dall’esplicito titolo La Chiesa del no (l’intervista all’autore che in questa stessa pagina pubblichiamo ne fa capire i contenuti). Significativo, poi, che molti lettori (il libro è nella classifica dei più venduti) abbiano affrontato il tema della libertà interiore (unica condizione per non essere menzogneri di fronte a se stessi e agli altri) attraverso le pagine di La vita autentica del teologo Vito Mancuso. E persino Alessandro Baricco nel suo ultimo libro allude – e non si capisce più di tanto la pertinenza – a una delle pagine più belle del Vangelo, titolando Emmaus ciò che risulta essere un banale romanzetto di formazione.
Sempre a giudicare dalle vendite, non c’è timore nemmeno di confrontarsi con la mistica che Carlo Maria Martini propone nelle sue intense meditazioni sulla preghiera, dove l’ex vescovo di Milano, da una fragile condizione di vecchiaia e di malattia, propone Qualcosa di così personale quale è, appunto, l’esperienza della preghiera, per trarsi “fuori dalla schiavitù delle immanenze quotidiane”. Rivisitando, dunque, la celebre battuta di Woody Allen potremmo concludere che noi ci sentiamo davvero poco bene, ma Dio non risulterebbe affatto morto.

09/12/09

Giovani lettori- In aumento i ragazzi orfani di libri


Calano i lettori, crescono le vendite. E’ uno dei paradossi dell’editoria per l’infanzia, i cui dati sono talvolta contraddittori o tanto meno diversificati quando scaturiscano da analisi più articolate che considerino, ad esempio, fasce di età, estrazione sociale, zone geografiche. Resta il fatto che sono in aumento (2300 all’anno) i libri editi per i giovani lettori e che – altro elemento su cui riflettere – i titoli che gli esperti giudicano i migliori non sono poi quelli più venduti in libreria o richiesti nelle biblioteche.
Fanno da padroni Harry Potter e Geronimo Stilton. Le classifiche delle vendite registrano inoltre ai primi posti le storie di Brisingr (saga fantasy di Christopher Paolini) e Le fiabe di Beda il Bardo di Joanne Kathleen Rowling, nato come un cosiddetto pseudobiblium citato in Harry Potter e i Doni della Morte e che la stessa Rowling ha trasformato in un libro vero.
I ragazzi, dunque, sembrerebbero amare la serialità; o, tanto meno, questo viene loro proposto (imposto?) poiché, come riportava tempo fa il trimestrale LiBeR, “ci si è spostati verso un’editoria di ‘evento’ che punta al bestseller e al libro ‘fuori dai ranghi’, meglio se crossover [storia in più parti] e connotato da elementi di serialità”. Un modo, insomma, per creare attrazione e fidelizzazione.
E’ quindi abbastanza chiaro perché un maghetto e un topo abbiano quel vasto seguito di adepti. Ma ciò nonostante il numero dei giovani lettori è diminuito. L’ultimo sondaggio di Doxa Junior (5-13 anni) & Teens (14-18 anni) rilevava come i soggetti che dichiarano di aver letto almeno un libro nell’anno, fossero passati dal 71 per cento del 1997 al 64 per cento del 2007. E il valore è ancora più basso per la fascia dei 14-18enni che scende al 54%. Per non parlare dei lettori con almeno tre libri l’anno: un modesto 30%.
Sempre a proposito di analisi controverse, pare che di questa flessione non possa essere data la colpa nemmeno a Internet. Secondo Umberto Eco, infatti, il web avrebbe addirittura contribuito a spingere i giovani verso i libri, tant’è che i livelli di lettura di quanti smanettano sul pc sono decisamente superiori a quelli di coloro che non ne fanno uso.
Si considera ormai pura accademia il richiamo al ruolo della scuola e della famiglia nell’educare i ragazzi all’amore verso la lettura. Eppure (e speriamo che anche dai dati non discenda retorica) risulterebbe che nei nuclei familiari dove si possiedono più di 200 libri e in cui entrambi i genitori leggono, la percentuale dei ragazzi-lettori supera l’80%. Benedette siano quelle quattro mensole domestiche.