10/11/09

Volare si può. La letteratura che solleva dai fardelli del vivere


Torna la festa del libro per ragazzi (e non solo per loro) con l’evocante titolo di “Leggere è volare”: Ad ammiccare, appunto, che la pagina scritta può sollevarci dai fardelli e dalla fatica (dal male?) di vivere per trasportarci non fuori dal mondo, ma almeno un po’ al di sopra. Perché il linguaggio, il racconto delle cose e dei pensieri – insegnava Italo Calvino a proposito di leggerezza – “aleggia sopra le cose come una nube”. L’autore delle Lezioni americane citando Cervantes, Shakespeare, Cyrano de Bergerac, Leopardi ebbe proprio a evidenziare come autori così diversi avessero comunque nella loro scrittura la magia di una formula quasi sciamanica per la quale la parola si fa leggera e come tale "inseguimento perpetuo delle cose, adeguamento alla loro varietà infinita". Questo è il potere della letteratura: un guizzo di ragione e sentimento per sfuggire l’inerzia e l’opacità del mondo.
Dunque un buon libro può risarcirci di tutte quelle privazioni a cui la pesantezza dell’esistenza ci costringe e offrirci una percezione diversa della vita stessa. Sempre nelle Lezioni americane Calvino scrive: “Se volessi scegliere un simbolo augurale per l'affacciarsi al nuovo millennio, sceglierei questo: l'agile salto improvviso del poeta-filosofo che si solleva sulla pesantezza del mondo”. Tra i due opposti – pesantezza e leggerezza – sta quindi la letteratura come mezzo di “levitazione”, ma anche di “puntamento” verso “il tutto”. Sarà ancora Calvino a sottolineare questo ulteriore aspetto con il suo Palomar, personaggio quasi ossessionato dallo scrutare ogni “piccolo” che è contenuto nel “grande”, perché per afferrare l’insieme non si può che partire da un piccolo punto. Ulteriore metafora calviniana per descrivere l’immensa fatica dell’uomo a “sostenere” la realtà.
Insomma leggere è volare e quindi conquistarsi un privilegiato (talvolta magico) “punto di vista” sulla realtà. Da ciò nasce il valore educativo della lettura. Lo aveva capito benissimo Jean-Jacques Rousseau, il quale, in quel capolavoro pedagogico che è l’Emilio, quando si pose il problema di insegnare a leggere al suo allievo immaginario, arguì che la questione prioritaria non era tanto il metodo da adottare, ma, paradossalmente, come far nascere l’amore per la lettura.
La letteratura, peraltro, non rappresenta soltanto il nesso tra pesantezza e levità del vivere. In essa sta lo sforzo di suturare tutti gli opposti del sentimento umano. E per tali ragioni dai libri più che notizie o storie si apprende (si comprende) l’essenza (l’anima) che davvero va a suscitare il racconto delle cose.

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