14/02/11

Passioni letterarie: Elena, Armida, Anna e le altre


Galeotto fu il libro, verrebbe da ripetere anche in tal caso. Allorché – in virtù di una presunta chimica dell’amore – a scatenare i neurotrasmettitori dell’innamoramento sia stato l’odore d’inchiostro, così da farci invaghire di una persona che esiste solo nella finzione letteraria, e dunque fatta oggetto d’amore con la facilità secondo cui ogni storia narrata su una pagina può diventare “vera” e reinscritta nella nostra vicenda personale.
Da questo punto di vista fummo amanti precoci. Appena adolescenti ci conturbò l’omerica Elena, la sua bellezza tragica tutta compresa tra passione e rimorso. E noi a cercare teneramente di convincerla che tutto quel pandemonio non poteva certo attribuirsi alla sua incolpevole avvenenza. Tant’è che discutemmo di brutto pure con Dante nello scoprire che, per troppo moralistico zelo, il Sommo aveva posto Elena tra i lussuriosi dell’Inferno. E ancor peggio avrebbero fatto D’Annunzio e Wilde usandola a metafora dell’eterna perversa meretrice. No – sostennero alcuni romantici, e noi con loro – Elena non impersona banalmente l’amore tradito, ma quello sfuggente, irraggiungibile perché troppo ideale.
Del resto, sempre sui banchi di scuola, la lezione del Tasso fece capire chiaramente che ogni eroica idealità è fatalmente contraddetta dalle cose della vita. Ne seppero qualcosa Tancredi ed Erminia (come ci piacque il suo malinconico pudore), Tancredi e Clorinda (fascino del mistero e dell’impenetrabilità), Rinaldo e Armida (grande seduttrice finché a soccombere non fu lei). Insomma, l’amore è sofferto desiderio, è doloroso distacco, impossibilità di comunicazione. Giusto sul punto di morte sembra potersi rivelare appieno.
E’ pur vero che, letterariamente, abbiamo sempre intrapreso amori con donne provenienti da storie difficili. Ad ogni cambiamento del tempo dolgono tutt’oggi le cicatrici lasciate dal complicato legame con Anna Karenina: ancora la rivediamo scendere dal treno dentro una freddissima notte moscovita, e di nuovo avvertiamo lo sconquasso dell’esistenza, lo squarcio che rivela le crudeli dicotomie del sentimento amoroso.
Troppi, ormai, sono i rimpianti e i buoni propositi di non ricaderci più. Chi avrebbe mai immaginato, ad esempio, l’irruzione della ventiquattrenne Consuela Castillo (si legga L’animale morente del grande Philip Roth) a mettere in confusione la nostra quiete di uomini maturi ed “emancipati”, tanto da scoprirsi gelosi, percorsi da devastante passione. Forse perché nell’amore, contrariamente al titolo scelto da Roth, risiede davvero “l’artificio dell’eternità”, la tenace resistenza a non morire.

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