23/03/09

Ginnastica dell’intelletto. Se la lettura è sport importante è… partecipare


Per noi sedentari non c’è sport più avvincente che leggere di sport. E più quelle pagine sono scritte bene, maggiori calorie si bruciano in virtù di emozioni e sentimenti che lottano (facile metafora di vita) su campi, piste, arene le più diverse. Da questo punto di vista la pagina che, ad oggi, ci ha suscitato il massimo della spossatezza emotiva è stato quel famoso calcio di rigore raccontato da Osvaldo Soriano in Fútbul: il rigore più lungo del mondo, incredibilmente durato una settimana, cioè dal momento in cui sibilò il fischio di un arbitro codardo a quando venne battuto la domenica successiva. Una interminabile settimana durante la quale in un posto sperduto della Valle de Rio Negro (ed anche noi spersi laggiù) fu per tutti impossibile non pensare che anche il nostro destino fosse deciso da una pedata tanto lunga nell’attesa quanto veloce e irrevocabile nel suo epilogo. Il pathos narrativo di Soriano fece scordare lì per lì perfino l’altrettanto noto e commovente Goal di Umberto Saba: “Il portiere caduto alla difesa / ultima vana, contro terra cela / la faccia a non veder l’amara luce”.
Ma non è stato soltanto il pallone a farci sussultare di emozioni letterarie. Ancora batte il nostro cuore, sincrono con i dritti/rovesci che da dietro il muro del Giardino dei Finzi-Contini sentimmo schioccare sulle racchette di Micòl e Alberto. Ugualmente aristocratico ma più misterioso del campo dei Finzi-Contini si rivelò poi il green in cui avviene Ciò che vide la signora Bulstrode; un racconto breve di Fruttero e Lucentini, che lungo le diciotto buche di un campo da golf fa percorrere alla protagonista un pauroso itinerario verso l’incubo del ricordo.
Per tornare invece ad agoni incoraggiati da furor di popolo, memorabile fu rileggere le cronache (veri spaccati sociologici) di Alfonso Gatto al seguito del Giro d’Italia verso la fine degli anni Quaranta: “A Poggibonsi le ragazze ci hanno sorriso e ci hanno gridato evviva, levandosi dalle finestre delle case e erigendosi nel busto come a mostrarci la loro bella giovinezza”.
Resta infine lo spazio per citare almeno Thom Jones con il suo racconto dell’epico combattimento tra Muhammad Alì e George Foreman (storia di riscatto sociale e non solo di pugni), così come la corsa (fuga dalla vita?) descritta da Mauro Covacich in A perdifiato. Sia chiaro, però, che il testo più folgorante rimane quello di Paolo Conte (poeta della canzone) dedicato a Bartali e a un popolo intero il cui tratto d’anima resterà per sempre contraddistinto in “quel naso triste da italiano allegro”.

1 commento:

Simona ha detto...
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