30/05/11

Freud o no. La lettura sul divanetto


Un caro amico dalla vita complicata e con qualche turba d’animo di troppo, mi spiegò una volta che, fatti due conti, gli costava meno andare da un tipografo e farsi stampare i propri romanzi autobiografici (in verità bruttini e pretenziosi) che dare inizio all’austero percorso della psicoanalisi. Diciamo che, a suo modo, aveva interpretato quanto già sostenuto da Italo Svevo allorché tenne a precisare che “Freud è un grand’uomo più per i romanzieri che per gli ammalati”. In materia il grande triestino la sapeva lunga. Tant’è che se andiamo a leggere La coscienza di Zeno appare chiaro che resistenze e sottili vendette tra il protagonista e il dottor S. (Sigmund?) esprimono, al di là della finzione letteraria, le riluttanze che l’autore aveva proprio verso la psicoanalisi. Poiché, secondo lui, guai se la malattia andasse a guarire: ci scapiterebbe la sublimazione artistica e quindi la letteratura.
Semplificando un po’ si potrebbe anche giungere alla conclusione che la psicoanalisi non ha scoperto niente di nuovo; piuttosto ha ‘riorganizzato’ quanto già presente nella storia umana sotto forma di letteratura. E ad onor del vero il dottor Sigmund aveva sempre riconosciuto a poeti, scrittori e artisti il proprio debito di riconoscenza.
Certo è che esiste una letteratura freudiana ancor prima di Freud. Solo per fare qualche esempio pensiamo alle angosce e alle nevrosi di Giovanni Pascoli, celate magari in un Gelsomino notturno (drammatizzazione dell’erotismo attraverso la metafora della natura) o in una Digitale purpurea (inquietante fiore dal profumo velenoso), tra simbolismi e autocensure, tra regressioni e rimozioni, con quel ‘fanciullino’ come bloccato nella sua evoluzione psichica. Dopo di che, con o senza l’aiuto diretto delle teorie freudiane, potrebbe essere la volta di Umberto Saba che con la sua poesia scava continuamente dentro di sé a tormentare narcisismo, solitudine, depressione. Altre volte – e non a caso associandolo a Svevo – si è parlato della ‘scrittura del profondo’ di Federigo Tozzi. Finché, con il procedere del Novecento, ci imbattiamo nei traumi infantili di Carlo Emilio Gadda (La cognizione del dolore), nonché nelle nevrosi sociali che lo stesso scrittore rappresenta in Quer pasticciaccio brutto de via Merulana. Infine alla sommaria lista non sfuggirebbe Alberto Moravia: vedasi la crisi di identità e iniziazione erotica descritta in Agostino. Tutto questo per dire: signori, la psicoanalisi è servita in molti libri. Mettetevi dunque comodi per la lettura, su un divanetto ovviamente.

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